La ricerca della bellezza è un qualcosa di ancestrale ed universale della natura umana, non esiste cultura o società che non abbia sviluppato nel tempo i propri canoni estetici o che non abbia dato loro forma tramite i linguaggi artistici, filosofici e letterari. Ma ove Platone concepiva la ricerca della bellezza come parte integrante di un’indagine filosofica che poteva coprire l’intero ciclo di vita di un uomo, oggi tale ricerca richiede solo pochi secondi di “scrolling” sui principali social come Instagram e Tik Tok.

Basta aprire Instagram o Tik Tok per capitare di fronte a donne dai corpi perfetti, modelle selezionate dall’algoritmo, profondo conoscitore dei gusti umani, che cerca di accontentare in tutti i modi.

Ma in che modo la selezione dell’algoritmo ci influenza? e specialmente “il suo creatore ne è a conoscenza?”

La risposta è ormai di dominio pubblico: “Zuckenberg non solo è consapevole della portata del suo potere ma sa anche come questo influisca sugli utenti e in particolar modo sulle giovani donne”.

Infatti, come ci rivela una ricerca interna condotta da Facebook nel 2019 sull’utenza femminile, una ragazza adolescente su tre proverebbe insoddisfazione verso la propria immagine corporea. Come per altri problemi legati alle piattaforme social, sentimenti di malcontento verso la propria apparenza sono comuni tra le persone più fragili e nascono spesso dal continuo confronto tra sé, gli influencer e ciò che essi vogliono mostrare.

Mettendo da parte per un attimo Zuckenberg e le sue creazioni, un esempio ancora più esplicito di condizionamento degli utenti si ha nell’applicazione cinese Tik Tok, la cui popolarità è esplosa durante i tempi del Lockdown in risposta al bisogno di escapismo dalla monotonia della quarantena, un escapismo gratuito ma regolato secondo criteri discutibili.

Difatti, nel Marzo del 2020, il sito di giornalismo d’inchiesta “the Intercept” ha pubblicato la lista di regole che indicava quali contenuti i moderatori della piattaforma dovessero cancellare perché considerati inadeguati e che potevano spingere gli utenti ad abbandonare la piattaforma. In questa lista di taboo, balza subito all’occhio il divieto di pubblicare contenuti rappresentanti persone obese, “brutte” o con sfregi di ogni tipo. Ciò è una prova schiacciante di come la piattaforma spinga (o almeno spingeva) verso certi modelli e canoni di bellezza a dispetto di altri. Nonostante queste regole siano state successivamente abrogate in modo ufficiale, non possiamo essere certi se esistano altri regolamenti del genere.

Inutile dire che l’esposizione continua a questi canoni spinga gli utenti a modificare le proprie sembianze nelle foto tramite l’uso di filtri facciali nel vano tentativo di assomigliare, anche soltanto per uno zigomo, ai modelli scelti secondo l’artificioso buongusto dell’algoritmo. A tal proposito, uno studio del 2021 condotto dalla City University of London sull’impatto sociale dei filtri fotografici ha rilevato che il 94% dei partecipanti di sesso femminile sentiva la pressione di apparire in un determinato modo nelle proprie foto. Questa necessità è stata colmata dalle applicazioni di Faceapp e Facey, attraverso le quali si può soddisfare il bisogno di apparire perfetti in foto e ciò si manifesta nelle loro creazioni, che consentono di modificare dai piccoli dettagli del volto come le rughe fino a cambiare completamente la fisionomia dell’utilizzatore.

Per finire, i social media, come ogni forma di intrattenimento popolare quali film e serie tv, presentano e sponsorizzano al pubblico certi valori morali e canoni di bellezza rispetto ad altri ma a differenza del mondo del grande schermo, la cui natura fittizia è risaputa, le immagini presentate sui social media vengono percepite come normali e desiderabili da chi ne fruisce.

Essendo però la popolarità di certi canoni un fattore culturale e non solo legato ai social, riteniamo sia impossibile un cambiamento radicale e immediato di essi, dato che anche se venissero rimossi, verrebbero sicuramente sostituiti da altri.

Ciò è ricollegabile alla natura umana e al nostro rapporto con il bello; per questo motivo, anche se si eliminassero i canoni di bellezza e i filtri, che servono per emularli, ciò non fermerebbe la società dal crearne altri irraggiungibili o un nuovo modo per simularli quantomeno nelle foto. Sebbene non si possa cambiare nulla radicalmente, in quanto nella società occidentale l’apparenza e di conseguenza anche l’apparire privi di difetti ha una certa importanza, crediamo comunque che ci siano alcuni modi per mitigare i problemi sopracitati.

Infatti, riteniamo che, quando verrà comunemente riconosciuta la natura irraggiungibile di certi canoni e la falsità delle foto postate sui social, sarà più facile per tutti avere una visione sana e realistica della propria apparenza.

Siamo a conoscenza del fatto per cui le persone più colpite da tale pressione sono gli stessi individui che soffrono di bassa autostima o di psicopatologie gravi come la dismorfia; alla luce di ciò, pensiamo sia consigliabile per loro iniziare un percorso psicologico  da cui potrebbero trarne, se non la guarigione, almeno quel sostegno necessario per vivere serenamente.

Perché come si suol dire “chi sta bene con sé, sta bene anche con gli altri”.

SITOGRAFIA:

https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/tiktok-perche-i-nuovi-filtri-bellezza-sono-pericolosi-per-le-ragazze/

(17/5/2023)

https://www.youtube.com/watch?v=80l0S7iaCxk

(17/5/2023)

https://www.iodonna.it/attualita/2022/03/05/effetti-social-media-donne/

(17/5/2023)

BIBLIOGRAFIA:

“Il ritiro sociale negli adolesenti”, Matteo Lancini, Raffaello Cortina Editore, prima stampa 2019 Milano

Articolo scritto da Alessandra Leka e Leo Carlino, studenti del quarto anno del Liceo delle Scienze Umane Pascoli, stagisti PCTO presso Siipac.